Alessandra Pierelli io la amo.
Lo dico subito.
Prima di iniziare una qualsiasi descrizione seria.
Prima di parlare delle sue tecniche.
Prima di parlare della sua arte.
Prima di parlare di lei.
Incontrata ad una cena vista mare,
il caso ci ha messe sedute una accanto all’altra
ed è scoccata immediatamente la scintilla.
Quella scintilla che ti fa dire:
” Cavolo, mi sembra di conoscerla da una vita! “
Raccontarla è cosa ardua perchè la sua è veramente una Storia.
Parlano le sue opere, i suoi colori, le sue scelte.
Se volete scoprire di più potete andare sul suo sito.
Dopo aver letto questa intervista dove ci ha aperto il cuore.
Alessandra, dalle Marche passando per l’Umbria per approdare a Trieste.
Un mezzo giro d’Italia.
Raccontaci un po’ di te.
Nelle Marche ho vissuto fino a 19 anni, visto che poi mi sono subito spostata a vivere a Milano (dove ho frequentato l’Accademia di belle Arti) e, successivamente, a Londra.
Ho sempre viaggiato molto e vissuto per brevi periodi anche a Madrid e a New York.
A New York vivevano il mio maestro d’arte, Nicolas Carone (uno dei maggiori esponenti della corrente dell’espressionismo astratto, direttore dell’International Art School di New York e grande amico del mercante d’arte triestino Leo Castelli) e anche l’altro artista americano con cui ho collaborato, Al Held.
Li ho conosciuti entrambi in Umbria, a Todi, dove ho vissuto per vent’anni con il mio primo marito, e i miei due figli più grandi.
A Trieste invece sono arrivata nel 2015, sempre per amore, per seguire Michele, che poi è diventato il mio secondo marito e il papà della mia terza figlia, Bianca.
A Trieste mi è sembrato di tornare alle origini, essendo nata in una città di mare, Ancona.
ùTrieste l’ho sentita subito mia, è una città, bellissima, mai scontata o banale, e me ne sono innamorata. Dal punto di vista del processo creativo, Trieste è un territorio molto fertile per me, c’è il mare, un elemento che favorisce l’introspezione, che mi riporta alla natura delle cose e che mi regala benessere ed equilibrio.
Il tasto dolente è rappresentato dal lavoro: Trieste infatti è una città molto classica e, nonostante ci sia curiosità, non mi garantisce un sufficiente riscontro per il mio tipo d’arte. Mi devo quindi spostare frequentemente a Milano e a Roma (ma anche in altre città), per collaborare con gallerie, spazi espositivi e per partecipare a eventi artistici. Inoltre, da alcuni anni collaboro anche con una galleria di Los Angeles, metropoli dove spero di riuscire ad andare presto.
Appassionata di arte e di bellezza in tutte le sue forme.
Quando hai iniziato e da dove nasce questa passione.
Credo che questo talento e questa passione mi sia stano state trasmesse da mia madre, che è una bravissima artista figurativa, e che si siano poi rafforzate anche grazie all’influenza di mio fratello maggiore (anche lui disegnatore/fumettista).
Mia madre, inoltre, è anche un’amante dell’arte in generale e una collezionista, quindi sono cresciuta respirando arte in casa, circondata da bei quadri e mobili di design.
Credo che tutto questo abbia influito molto e prodotto in me uno spiccato senso estetico.
Ricordo che già da piccolissima ho iniziato a provare interesse per il disegno, la creazione e la manualità. Disegnavo esercitandomi a ricopiare pupazzi e disegni che mi piacevano, e giocavo spesso con la plastilina, realizzando piccole statuine. Da allora non ho più smesso e per me è come se fosse una droga; ho sempre bisogno di pensare a qualcosa di nuovo da creare, di avere le mani sporche di colori, resina, stucco.
Quando sono presa dalla realizzazione dei miei lavori, potrei anche andare avanti per ore, totalmente rapita (quasi ipnotizzata) da ciò che sto facendo. A volte mi capita di non sentire neanche la stanchezza o la fame.
Oltre all’arte, ho molti altri interessi e sono molto curiosa.
Direi che queste due caratteristiche sono una fonte continua di stimoli e ispirazione. Come già detto, sono molto golosa e mi piace fare dolci.
All’inizio, un po’ per gioco, ho cominciato a farne anche di finti e ora sono diventati uno dei punti di forza delle mie creazioni.
Mi piace molto anche la moda, il design, il cinema e i fumetti e, infatti, varie opere e mostre che ho fatto sono state ispirate da questi miei interessi; vedendo un film, rivisitando pezzi di design, sfogliando riviste di moda da cui ho preso spunti, riproducendo stemmi, logo e simboli dei miei supereroi preferiti, come Superman, Batman e Capitan America, Baby Yoda.
Quando hai capito che la tua passione poteva diventare un lavoro?
Da subito dopo l’ accademia, anche se nel tempo il mio lavoro si è modificato.
Ho iniziato con uno stile molto classico, figurativo, infatti per un lungo periodo quando vivevo in Umbria ho fatto la decoratrice, eseguivo murali e trompe l’oeil su commissione in case e strutture private.
Poi dal 2006 ho cominciato ad appassionarmi al genere astratto (seppur sempre riconoscibile e materico).
Sono sempre in continua ricerca ed evoluzione, il mio lavoro si modifica sempre e, inoltre, sono molto curiosa, quindi nel percorso inserisco sempre degli elementi di novità.
Nell’ultimo periodo però il mio stile si è molto trasformato: amo di più i colori accesi, faccio più scultura che pittura e il mio stile è diventato molto Pop.
Avendo cambiato stile, si è modificato molto anche il mio tipo di lavoro: raramente eseguo decorazioni d’interni e lavoro quasi esclusivamente con gallerie e spazi espositivi, esponendo le mie opere.
Essere artisti oggi è una scelta coraggiosa.
Scelta che rende liberi di esprimersi e di comunicare senza filtri.
Quali sono i pro e quali sono i contro?
Si assolutamente e oltre che coraggiosa attualmente (considerando anche la pandemia) anche molto difficile).
A mio parere i il fatto di essere libera e non avere vincoli di orari, nè nessuno che mi impartisce ordini da eseguire è un un gran lato positivo.
Il rovescio della medaglia però è che ci sono periodi in cui sono molto sotto pressione, per esempio quando devo fare mostre o partecipare ad eventi fieristici non ci sono orari, spesso mi ritrovo a lavorare anche fino a tarda notte e non esistono giorni di festa, nè fine settimana.
Anche il fatto di fare ciò che mi piace mi appaga molto, il tasto dolente però è quello del guadagno, nell’arte infatti magari in un giorno si vende guadagnando ciò che in un lavoro normale si guadagnerebbe in un mese, poi però magari per mesi mese non si vende nulla, diciamo che si vive sempre alla giornata, nell’incertezza e nell’’instabilità. Penso però che chi ha questa predisposizione alla creatività e a creare sia comunque molto fortunato, abbia ricevuto un grande dono e a prescindere dai risultati che riuscirà a conseguire sarà comunque un privilegiato nella vita.
A tale proposito, mi viene in mente una frase di Francis Scott Fitzgerald:
“Il fatto è che quando si è provato l’intensità dell’arte, nient’altro di ciò che può capitare nella vita, sembra oramai importante quanto il processo creativo”.
Fin da subito mi hanno colpito i colori.
Le tue opere sono piene di colori.
E penso che ti rappresentino molto.
In realtà questi colori vivaci rappresentano l’ultimo periodo del mio percorso artistico, perché come ho precedentemente spiegato, all’inizio facevo opere molto diverse, quasi esclusivamente pittura e usavo molto i colori della terra, le sfumature di marrone e colori molto più caldi. L’avvicinamento alla scultura e al filone della Pop Art hanno poi favorito l’uso di colori molto più vivaci.
Resine, trompe l’oeil, installazioni ( installazioni non va bene. Metti tu quello quello che ritieni più corretto, serve un riferimento ai materiali che usi ).
Qual è la tecnica che preferisci?
Si, è vero.
Già altre volte, nel corso di simili interviste, mi è stato fatto notare questo mio spiccato eclettismo. Mi piace cambiare, sperimentare, sono quasi sempre in una continua ricerca, che è ciò mi consente di esprimere liberamente la mia personalità, le mie emozioni. Come molti artisti, ho iniziato dal figurativo (tanto che, su richiesta, eseguo ancora murali e trompe l’oeil), ma da molti anni ormai sono passata all’astratto (se pur sempre leggibile).
Negli ultimi anni prediligo la scultura alla pittura e mi sono avvicinata alla corrente artistica delle Pop-art.
Penso che l’arte figurativa mi vincoli eccessivamente con le sue rigide strutture tecniche (posso dire anche che la trovo noiosa) ed è per questo che amo sperimentare e cambiare, passando dal figurativo all’astrattismo materico e dalla pittura alla scultura, dal genere classico a quello più audace divertente e colorato del filone “Pop”.
Ma, anche se parliamo di tecniche e generi abbastanza differenti tra loro, voglio sottolineare che esiste sempre nelle mie opere una costante e un filo conduttore tra i diversi generi da me utilizzati, che è l’uso della materia.
Infatti, sia nella pittura, sia nella scultura, uso molti materiali, tra cui: lo stucco, la resina, le puntine da disegno e, a volte anche materiale organico (caramelle, cioccolatini, popcorn, marshmallows) che formano una texture in rilievo, che sono solita ricoprire quasi sempre con uno strato di finitura di resina.
Le nostre strade si sono incrociate per caso e complice un interesse comune per la psicologia abbiamo iniziato a chiaccherare per non smettere più.
Tu sei Conselour, che dal mio punto di vista è una sorta d’arte.
Come comunicano queste tue due parti?
La mia passione principale è l’arte.
Ma ho un certo trasporto ed interesse anche per la psicologia e trovo che ci sia una grande connessione tra l’una e l’altra.
Credo che il ruolo dell’artista sia un po’ come quello dell’innamorato/a e dello psicologo/a: se ti amo (e se ci tengo al tuo benessere), ti devo rendere consapevole delle cose che non riesci a vedere!
E l’artista spesso ha una spiccata sensibilità e riesce a vedere cose che gli altri non vedono e ad andare oltre.
È la fragilità dell’essere umano che m’interessa e per questo in passato nelle mie opere, ho utilizzato molto lo scotch industriale da imballaggio con la scritta fragile, per rendere più esplicito questo bisogno, metafora del mio stato d’animo, manifestato senza negare l’evidenza di una condizione tormentata.
Questo mio tormento e l’interesse per le fragilità dell’essere umano mi hanno portato circa 15 anni fa ad intraprendere un percorso di crescita e autoconoscenza personale con approccio gestaltico.
Un percorso diverso dalla psicologia convenzionale, un misto di tecniche psicologiche gestaltiche, creative (introduzione del teatro e arte terapia) e spirituali con particolare attenzione alla meditazione) che aiuta a conoscere se stessi, in un modo personale e creativo.
Attraverso questo percorso ho imparato ad essere più umana e più vera e conseguentemente ad entrare in empatia con gli altri, poiché è aiutando l’altro che si aiuta se stessi.
Sei rappresentata da Gallerie d’Arte Internazionali: da Milano, a Roma a Los Angeles.
Attualmente dove possiamo ammirare le tue opere?
Attualmente collaboro con il NHOW hotel di Milano, con la galleria SpazioCima di Roma e la bG Gallery di Los Angeles (dove spero di poter andare molto presto).
Cosa consigli a chi vorrebbe vivere di arte e iniziare un percorso artistico?
Per me fare arte e’ come respirare. Tante volte ho pensato di smettere e di fare un altro lavoro, perché è un percorso molto duro a volte anche frustrante.
Ma quando – al pari mio – si sviluppa questa passione, spesso non si riesce a farne a meno, perciò consiglio di perseguire i propri sogni e le proprie ambizioni anche facendo dei sacrifici e più lavori all’inizio (se non si riesce a vivere solo d’arte).
Resistere e non abbandonare la propria passione, perché io credo che solo facendo ciò che si ama si riesca ad avere una vita soddisfacente.
Bisogna quindi armarsi di buona volontà, fiducia, essere tenaci e prepararsi a fare fatica, perché è un percorso molto lungo.
Ma d’altronde mi hanno anche insegnato che nella vita non esistono scorciatoie, nè la possibilità di raggiungere obiettivi apprezzabili, senza aver fatto prima molta fatica!