Esiste sempre un buon motivo per andare a cena da Libero ma non esiste mai un buon motivo per non andare a cena da Libero.
Libero fa parte della storia di Trieste.
Come Miramare, come il Castello di Duino, come Piazza Unità, come San Giusto, dove si trova.
Ora, per me è un po’ difficile ricordare aneddoti su Libero, el vecio Libero: quello che giocava a briscola con Claudio Magris, quello che aveva la moglie che faceva le patate in tecia più buone della città, quello che, se era di giornata buona, non pagavi niente!
Io di lui ricordo poco.
Ma potrei parlare ore ed ore dei Mici: Samuele e Michy, rispettivamente nipote e moglie del nipote di Libero.
Adesso loro sono Libero!
Mi piacerebbe andare settimanalmente a cena chez Libero, se solo riuscissi a contenermi e non ordinare tutto il menù.
Molto, molto spesso è colpa di Sara – che magna come un camionista turco ed ha il fisico di Scarlett Johansson ( fintanto che non decide di mettersi a dieta e trasformarsi, in 8 giorni, nella Abbagnato de noialtri! ) – che ordina due antipasti per sé, un primo da dividere, due tartarine e un filettino da Champions League ( anche quello da dividere ) e due dolcetti.
Il micio ogni volta si chiede come sia possibile e tenta, invano, di portare le tartare da due ad una.
Gli è SEMPRE andata buca. Sempre!
I suffissi –ine, –ino, -etti non cambiano la realtà dei fatti. Se magna a più non posso.
Questo se a cena siamo io e lei, sedute al nostro solito tavolo all’angolo.
Se capita di pasteggiare insieme ad altre persone in occasioni quali compleanni, cene di Natale, Battesimi o simili, la divisione del companatico diventa problematica.
Quando si parla di cibo, per Sara gli altri spariscono.
Presidia il suo piatto come Buffon difende la porta della Nazionale ai mondiali!
Ognuno ordina per sé, che è meglio per tutti.
All’arrivo del primo antipasto – sicuramente il flan – parte la solita musica di Enya e Sara si estrania.
All’arrivo del lardo di Pata Negra, perde l’uso della parola.
Che recupera per magia quando chiede ancora bollicine, prima di riperderla all’arrivo della tartara per non recuperarla fino all’arrivo del dolce, pietanza che non la fa impazzire… a meno che non sia un budino di lardo oppure una vaschetta da ½ kg di gelato al pistacchio e bacio di Grom!
Per me, che è noto quanto mi piaccia parlare, è un disastro.
Sono praticamente a cena da sola!
Mi fanno compagnia le bollicine, che meritano un discorso a parte.
Noi ce le portiamo da casa, per non pesare sulla cantina dei Mici, e questo la dice moooolto lunga!!!!
Se, disgraziatamente, siamo a cena in tre Sara si innervosisce di brutto.
Da Libero, tre non è il numero perfetto.
Le divisioni diventano difficoltose ed il rischio di avere dosi squilibrate è molto alto.
Anche in questo caso, ognuno ordina per sé.
Lei, comunque, ordina sempre le stesse cose anche se non le dividerà con nessuno.
Per non sbagliare!
Per noi Libero è un po’ casa.
I Mici sono casa.
E adesso che c’è anche un piccolo Micetto, ad ogni nostra visita c’è sempre un buon motivo per festeggiare: il primo sorriso, i primi passi, il primo dentino.
Ogni volta che mi siedo al solito tavolo all’angolo penso a quante persone sono passate in questa Osteria; persone che hanno bevuto, mangiato, riso, si sono raccontate all’oste Libero che ha raccolto ogni confidenza, lasciando nella SUA Osteria quell’aura di eterna leggerezza che ti travolge ogni volta che varchi la soglia.
Libero è soddisfatto di sapere che si sta ancora così bene nella SUA Osteria ed a ogni brindisi lui c’è, ne sono sicura!
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