Ci sono i viaggi e poi c’è il viaggio
Il mio viaggio è sempre stato Israele.
Ho sempre pensato che sarebbe arrivato al momento giusto
ed il momento giusto è finalmente giunto.
A Tel Aviv siamo stati travolti dai racconti della nostra meravigliosa guida,
dai colori, dai sapori, dalla luce.
Abbiamo camminato per km e assaporato la magia di questa città in continua evoluzione.
( Io mi sono anche ustionata ma questa è un’altra storia ).
Abbiamo mangiato hummus fino a scoppiare e bevuto succhi di frutta fresca per rinfrescarci.
Ci siamo arrampicati fin sulla collina di Jaffa – che loro qui chiamano Yafo –
e abbiamo ammirato la sua bellezza, rimasta intatta nonostante siano passati più di 5000 anni.
Abbiamo passeggiato tra i banchi del souq annusando spezie
ed assaggiando fichi secchi e datteri giganti.
Ci siamo fatti avvolgere dalla brezza sulla spiaggia
e dalla magia che questo paese trasmette.
La sveglia la mattina presto è ciò che più odio dei miei giorni israeliani
ma è fondamentale per poter fare tutto ciò che abbiamo inserito nella nostra tabella di marcia
Alle otto di ogni mattina siamo sulla strada verso Cesarea.
Un sito archeologico meraviglioso che mi riporta subito al Libano e alle sue rovine.
Romana, edificate da Erode e divenuta una città portuale.
Piena di verde e di piante lussureggianti.
Di colori che creano un mix di armonioso contrasto con il mare che la accarezza.
Ma è a Zicron Yacov che mi innamoro senza possibilità di ritorno.
Piccolo villaggio costruito per volere del Barone Rothschild a fine 800,
si snoda su di un’unica via centrale costeggiata da botteghe.
Riporta al passato ed il salto indietro nel tempo è immediato.
Ma il bello deve ancora venire perché proprio alla fine della via
incrociamo un bar mitzvah ed è subito emozione.
Pranziamo da Tishbi– che se siete da queste parti non potete mancare –
e degustiamo formaggi, mostarde e vino Shiraz.
Dopo il vinello c’è rimasta solamente la forza di trascinarci a letto per un pisolino
invece scegliamo di andare ad ammirare le Terrazze Bahai o Giardini pensili di Haifa,
sul Monte Carmel.
Un insieme di giardini intervallati da terrazze che circondano il Mausoleo del Báb
e sono meta di pellegrinaggio per i Bahai e per chi come noi
non vuole perdersi nulla di questo meraviglioso paese.
La nostra ultima tappa prima di arrivare al kibbutz sul lago Tiberiade è Akko,
una città che può essere considerata uno dei vertici del periodo crociato
e del periodo ottomano in Israele e nel mondo.
Il kibbutz che ci accoglie è immerso nel verde, dotato di piscina,
centro benessere e tutto quel ben di dio lì
Ebbene,
saranno gli anni che passano inesorabili,
sarà il lavoro sempre più pressante, sarà il bisogno di dormire,
tant’è che le energie di un tempo sono sparite ma il viaggio
rimane sempre la cura migliore per tutti i mali.
“Adif lihiot chacham Asher Liot zodek”.
{ meglio essere saggi che avere ragione }
Ogni giorno in Israele è migliore di quello prima.
Abbiamo puntato a nord ed è stata emozione allo stato puro.
Iniziamo con Tzafat, una delle quattro città sante ebraiche insieme a
Gerusalemme, Hebron e Tiberiade.
Ma soprattutto centro dello studio kabbalistico in Israele.
( potete andarci anche se la kabbalah l’avete conosciuta grazie a Madonna,
pensando fosse la sua nuova hit parade anziché il suo nuovo credo! ).
Passare da Tzafat a Nazareth è un attimo ma l’impatto è notevole.
Per noi cresciuti a pane, Giuseppe, Maria ed il bambino nella grotta,
vederla con i nostri occhi è un’esperienza che è difficile da raccontare.
Abbiamo visitato la Basilica dell’Annunciazione e partecipato ad una messa in italiano
tenuta dai frati francescani di Puglia in pellegrinaggio.
( Qui, la maggior parte delle chiese cattoliche sono francescane
perché i francescani sono i custodi dei luoghi sacri in terra santa ).
Siamo scesi nelle grotte in cui sono vissuti Giuseppe e Maria
e dove poi ha vissuto tutta la famiglia di ritorno dall’Egitto.
Io tutt’ora non riesco a rendermi conto di aver toccato con le mie mani quei luoghi.
Per chi crede,
per chi non crede,
per chi è indeciso,
per chiunque sono luoghi che hanno energie potentissime
e arrivano tutte, credetemi.
Siamo scesi verso il Lago di Tiberiade, passando per Tabha,
luogo in cui c’è stata la moltiplicazione dei pani e dei pesci
e abbiamo chiuso il cerchio ad Arbel.
Un canyon silenzioso, pieno di sole e di vento, perfetto per salutare la Galilea.
Lunghe distese di ulivi e di capperi e la pace.
E’ stata la nostra ultima notte nel kibbutz,
la nostra ultima cena in “comune”,
il nostro ultimo risveglio con l’infinita Galilea in fronte
Puntiamo al Mar Morto.
( e per chi si chiede dell’hummus sì,
ne ho mangiato in quantità industriali,
solo che l’ho accompagnato con i falafel e la cosa è diventata seria.
Non è solo piacere, è una dipendenza ormai . )
Abbiamo lasciato il kibbutz alla volta di Kaser el Yehud
dove ci siamo immersi nel fiume Giordano per rinnovare il battesimo.
Il fiume è stretto ed al centro ha due file di boe
che delimitano il confine tra Israele e Giordania.
Guardare davanti a sè e vedere un altro paese fa parecchia impressione in effetti,
quanto l’acqua che sembra melmosa invece
quando la raccogli ti rendi conto che è limpidissima.
Per me è un mistero della fede, per loro è semplice corrente.
Ma è Masada il fulcro della mia giornata di oggi.
50 gradi, sole cocente e nemmeno una nuvoletta in cielo.
Saliamo con la funivia verso quello che è
il primo sito dichiarato
patrimonio universale dell’ UNESCO in Israele.
Antica fortezza naturale in the land of nowhere,
situata su una rocca a 400 m di altitudine rispetto al Mar Morto,
nella Giudea sud-orientale.
Uno dei miei sogni.
Ammirare il Mar Morto e l’infinito tutto intorno
mi ha dato una forza che è difficile da tradurre a parole.
Dal deserto della Giudea al tuffo nel Mar Morto è stato un attimo.
Fare il bagno nel mare più salato al mondo non è per niente piacevole.
Ho sentito bruciare ogni piccola parte del corpo,
ho lottato per tentare di nuotare ma niente,
ho dovuto arrendermi e galleggiare senza trucco e senza inganno.
E poi quei meravigliosi fanghi neri che
quando si seccano pare che ti si stacchi la pelle
e con 50 gradi dovrebbero seccare immediatamente
invece no,
niet,
venti minuti e sono lì,
ancora belli morbidosi.
Ma ogni cosa bella, si sa,
costa un po’ e noi stasera
siamo arrivati a Gerusalemme.
Una delle meraviglie del mondo.
Abbiamo cenato in una piazza bianca piena di gente, musica e vento
Ebbene, ce la siamo conquistata cotanta bellezza.
Di Gerusalemme è difficile scrivere
È una città che ti toglie il fiato,
che ti travolge con i suoi rumori,
con la sua musica ad ogni angolo,
con tutto quel bianco che fa da riverbero al sole.
È un pout pourri di cultura, storia, arte.
È bellissima.
È mistica.
È magica.
È tua.
Ognuno ha la sua Gerusalemme perché ognuno vive la sua Gerusalemme.
Siamo stati a Gerusalemme il giorno di Bar Mitzvah
e ne abbiamo incontrati un paio nel nostro pellegrinare.
Terminano al Muro del Pianto dove si srotolano le due pergamene
e dove noi abbiamo lasciato il nostro bigliettino con la nostra preghiera
( che verrà raccolto a fine anno insieme a tutti gli altri
e verrà seppellito sul monte degli
ulivi dove rimarrà per sempre ).
Preghiera che spesso è anche ringraziamento
perché troppo spesso ci dimentichiamo di dire grazie.
Ed io se sono qui oggi lo devo a chi mi ha fatta così pazza ma così pragmatica,
così rigida ma così emotiva,
così allegra ma così fragile
( sì, lo so, questo è solo per chi mi conosce veramente ma fidatevi che è così per davvero! ),
così legata alle mie origini ma così aperta verso nuovi orizzonti,
così complicata eppure così lineare.
Siamo tutto il contrario di tutto.
Siamo bianco e nero.
Siamo bene e male.
Siamo speciali perché siamo unici.
A Gerusalemme ho avuto la febbre, le ossa rotte, non riuscivo ad alzarmi,
avvolta nel piumone morbidissimo del mio letto in hotel eppure ero felice.
Forse il mio corpo mi ha chiesto di fermarmi per poter assaporare tutta la bellezza
che ho avuto la fortuna di vedere in questi giorni.
Ho cercato di abbracciarla tutta, la bellezza.
In ogni passo, in ogni segno, in ogni attimo.
Gerusalemme,
mi chiedo se questo mondo ti merita
perché per me rimani inarrivabile.
Era impensabile venire fino a qui e non andare a Betlemme.
Eppure arrivarci non è così semplice perché è in terra palestinese
ergo passaporto alla mano e tanta pazienza.
Se butta bene danno un’occhiata ai documenti e passi in 5 minuti.
Se butta male smontano la macchina e anche te.
Ma alla fine entri e ti ritrovi nella Basilica della Natività,
ti fermi alla mangiatoia e all’altare dei Re Magi
e ti inchini alla stella a 14 punte che è posta nel punto preciso in cui è nato Gesù.
Mi sono ritrovata a cantare “Tu Scendi dalle Stelle”
e sono tornata bambina in un attimo.
Le canzoni di Natale, per me, hanno il sapore delle Macine inzuppate
e delle pagine dei libri della Disney.
Mi rivedo con i miei capelli biondi
e la convinzione che in quella mangiatoia,
prima o poi,
ci sarei arrivata.
Sacro e profano, lo so bene, ma la vita è così.
Un dualismo continuo, che poi è ciò che ti da la vera energia.
Gli opposti che si attraggono.
Le differenze che uniscono.
Dall’altare in un attimo ti ritrovi inginocchiata ai murales di Banksy.
Ma Betlemme è così:
un miscuglio di culture, religioni,
colori e sapori e noi abbiamo cercato di viverli tutti.
Un pranzo bohémien al mercato ed una cena al Link –
se soggiornate da queste parti provatelo perché è una chicca –
ci hanno messo in pace con il mondo.
Siamo sopravvissuti al Mahane Yehuda Market
e a quintali di pane challah e credetemi è only for the brave.
( la nostra guida lo definisce la Trastevere di Gerusalemme ma lei è decisamente indulgente!!! )
Inizia lo shabbath e si brinda alla vita
ogni volta che si alza un calice perciò l’chaim, sempre.
Sono qui a scrivere e a ripercorrere i miei momenti israeliani
e la mancanza è forte.
Mi mancano i quintali di hummus che abbiamo mangiato fino a scoppiare
ed i succhi di frutta fresca che lì sono una sana abitudine.
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Mi mancano le passeggiate tra i banchi del souq annusando spezie
ed assaggiando fichi secchi e datteri giganti.
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Mi manca la brezza sulla spiaggia e la musica per le strade di Tel Aviv.
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Mi mancano i nostri pranzi, quelli belli,
come quello al Tishbi: formaggi, mostarde e vino Shiraz.
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E sì, mi manca pure il Mar Morto.
( Non ci crederete ma è vero ).
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Ma mi manca soprattutto Gerusalemme:
bellissima, mistica, magica, mia.
La Mia Gerusalemme,
il Mio Israele,
le Mie emozioni,
il Mio viaggio.
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Ancora e sempre l’chaim!
Per il nostro viaggio in Israele ci siamo rivolti a Secret Gardens Tours,
il miglior tour operator che possiate desiderare.
E poi, durante il viaggio, ci ha accompagnati la meravigliosa Yael
Yael Israel Tours che è stata molto più di una guida.
Ha costruito il nostro viaggio su misura per noi.
Ce lo ha cucito addosso
e per questo non smetterò mai di ringraziarla.
Di una cultura sconfinata,
piena di un’energia meravigliosa,
rispettosa,
accogliente,
dolcissima.
Ci ha trasmesso il SUO Israele
perché il SUO Israele lei lo ha dentro.
Vive in lei e con lei.
Ci ha raccontato della sua famiglia, delle sue tradizioni,
di quanto sia orgogliosa di essere ebrea.
Abbiamo percorso km e km attraverso strade deserte,
panorami sconfinati, mare salato.
Noi siamo stati la sua famiglia per 6 giorni
e lei è stato il nostro riferimento qui.
Se decidete di venire a visitare questa terra meravigliosa
non potete che farlo con lei.
The best guide ever.
P.S. fa selfie 🤳 da paura e non è mica poco eh!
Questa che vedete non è solo una foto.
E’ vita!
Auguro a tutti voi che mi leggete di volare in Israele
per riempirvi gli occhi ed il cuore di bellezza!