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Candelabro dell’Avvento – la luce che riscalda finestre e cuori

    C’è questa tradizione lassù al nord che mi ha fatto innamorare. C’è questo bisogno di luce ad illuminare tutta l’area che circonda la casa, anche se vuota. C’è…

 

 

C’è questa tradizione lassù al nord che mi ha fatto innamorare.

C’è questo bisogno di luce ad illuminare tutta l’area che circonda la casa,

anche se vuota.

C’è questo bisogno di calore che, in fondo,

abbiamo un po’ tutti.

C’è il profumo della cera che si scioglie

e che per me è sempre e solo vaniglia.

È la magia che avvolge soffice come una stola di cashmere,

travolgente come una valanga di neve,

luminosa come questo istante qui.

 

 

 

In Svezia,

le finestre delle case vengono decorate con le stelle dell’avvento 

– richiamo diretto alla stella di Betlemme –

e con candelabri a sette candele a formare una piramide,

ed accesi al calar della sera.

 

Ogni finestra ha la sua lampada che deve rimanere accesa

anche nel caso in cui la stanza sia vuota.

La tradizione è legata ai lunghi mesi di buio

ed alla necessità di illuminare l’area che circonda l’abitazione.

Fino a qualche decennio fa,

le fönsterlampor venivano riposte in cantina

durante il periodo estivo.

Adesso non è più così e rimangano ad illuminare le finestre per tutto l’anno.

 

 

 

 

 Nel bagaglio di emozioni che ho portato a casa con me dai miei tanti viaggi al Nord,

ho inserito anche un paio di candelabri affinché,

nei momenti di buio,

io mi ricordi sempre di brillare!

 

 

 

 

Racconti di tradizioni nordiche 

Questa tradizione arrivò in Svezia intorno alla fine dell’800 dalla Germania dove a Kaiserwerth una associazione umanitaria aveva addobbato un “Albero dell’avvento”.
L’albero aveva 28 candele ed ogni domenica di avvento venivano accese sette candele (una per ogni giorno della settimana).
Nacque così il candelabro a quattro bracci in cui si accende una candela per ogni domenica di avvento.

In Svezia questa usanza prese piede intorno agli anni ’20-’30  ed oggi ci sono candelabri di fogge molto diverse tra loro.

Il primissimo candelabro elettrico fu costruito a Göteberg dall’appena 25enne Oscar Andersson nel 1934. Oscar lavorava come magazziniere alla Philip che cinque anni prima aveva lanciato sul mercato la prima illuminazione elettrica per l’albero di Natale.
Andava a 120 volt, il voltaggio comune a Göteborg ed in altre città, ma in campagna e nei paesi lo standard era 220 volt e di conseguenza gli attacchi delle lampadine si scioglievano e le lampadine si bruciavano.

Tra gli incarichi di Oscar Anderssons c’era anche quello di fare il controllo su queste illuminazioni e di buttarle via.

Ma molte lampadine della fila erano ancora integre e, considerandolo un inutile sperpero, con il consenso del capo magazziniere se ne portò alcune a casa per mettere in pratica la sua idea.

Pieno di desiderio di sperimentare realizzò illuminazioni elettriche di vario tipo per il Natale fino a che gli venne la brillante idea di realizzare un candelabro elettrico.

In un vicino grande magazzino comprò un candelabro arcuato a 7 bracci in legno decorato, fece dei fori dove dovevano essere messe le candele e passò il filo elettrico con le luci recuperate da quelle per gli alberi.

Nella parte sottostante fece uno scasso per nascondere i fili.

Posizionò il candelabro sul davanzale della sua finestra a Karl Gustavsgatan il primo avvento del 1934.
La luce del suo candelabro non si spegneva mai e questo creò molto interesse in coloro che passavano e così dopo molte insistenze da parte di colleghi di lavoro e amici mostrò la sua realizzazione al responsabile delle vendite della Philips.

Il quale fu subito tanto entusiasta della realizzazione che gli chiese di realizzare un altro prototipo per portarlo nella sede della ditta principale a Stoccolma.

Qui all’inizio non presero sul serio il progetto ma alla fine decisero di metterne in vendita 2000 esemplari in prova che vennero lanciati sul mercato nel 1939 e pubblicizzati sul catalogo Philips come candelabri sicuri contro gli incendi.

Andarono letteralmente a ruba!
Durante la guerra la produzione venne sospesa ma riprese massivamente poi nel 1946 per arrivare fino ai giorni nostri.

 

 

 

Il testo relativo alla tradizione è stato raccolto sul web, grazie alla bellissima pagina del Diario Nordico.

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La Sindrome del Natale

    La stranezza sta nel fatto che io che amo così tanto questo periodo dell’anno, che addobbo già ad Halloween, che le canzoni di Natale come mantra sempre, mi…

 

 

La stranezza sta nel fatto che io che amo così tanto questo periodo dell’anno,

che addobbo già ad Halloween,

che le canzoni di Natale come mantra sempre,

mi sia imbattuta in questo articolo ( serissimo )

nell’ultima domenica di Avvento.

 

L’esistenza della Sindrome del Natale

è stata accertata dall’Eurodap

(Associazione Europea Disturbo da Attacchi di Panico).

Associazione la cui finalità principale

è promuovere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica in relazione

al Disturbo da Attacchi di Panico (DAP)

e alle varie patologie psicologiche attraverso attività di monitoraggio,

prevenzione e cura.

 

Sindrome stagionale che colpisce moltissime persone nel mondo

e che si sviluppa in maniera più o meno intensa,

aggravando una pre-esistente forma di depressione.

Tra le cause anche il cambio dell’ora:

la riduzione delle ore di luce influisce

su alcuni dei meccanismi legati alla produzione di serotonina,

l’ormone del buonumore.

Si pensa incidano anche fattori come il cambiamento

dell’alimentazione con cene e pranzi senza fine,

partecipazione obbligate ad eventi con amici e familiari,

necessità di acquistare regali a persone che si frequentano poco o nulla

ma che “non sta bene non ricambiare”.

Nelle forme più intense con situazioni di tensioni famigliari,

ricordi dolorosi,

ansia da prestazione,

l’euforia che caratterizza il periodo natalizio

si scontra con lo stato d’animo di chi ha subito in questo

o anche in un altro periodo dell’anno qualche tipo di trauma

che lo porta ad una un’avversione indifferenziata

verso le feste e chi le celebra.

 

 La soluzione pare semplicissima:

aprirsi agli altri,

condividere le proprie titubanze con le persone care,

accettare sé stessi e i propri limiti.

Detto così sembra una passeggiata di salute ai mercatini di Natale.

In realtà chi prova queste sensazioni spesso si sente un giocoliere

con le palline che scivolano dalle mani.

Un acrobata senza equilibrio, un artista senza creatività.

 

Aprire la porta all’accettazione,

farla entrare in casa, sedercisi insieme per conoscersi meglio

è quanto di più difficile si possa immaginare.

Certo è che la paura,

di qualsiasi tipo sia,

se addobbata e illuminata

non può che assumere sembianze più belle.

Probabilmente non ce ne se libererà mai del tutto

ma non sarà più così disturbante.

 

 

Info raccolte su Informareonline

 

 

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Weekend in Valdobbiadene – di vigne e di Prosecco!

  Parliamo della meraviglia di un weekend in Valdobbiadene ” A me piacciono gli anfratti bui delle osterie dormienti, dove la gente culmina nell’eccesso del canto, a me piacciono le…

 

Parliamo della meraviglia di un weekend

in Valdobbiadene

” A me piacciono gli anfratti bui delle osterie dormienti,

dove la gente culmina nell’eccesso del canto,

a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,

e i calici di vino profondi, dove la mente esulta,

livello di magico pensiero ” 🌟 

🌟Avevo bisogno di un posto così.

È stata una settimana impegnativa

ma è stata anche una settimana di grandi successi.

Non è solo il raggiungere un obiettivo ma è, soprattutto,

superare i propri limiti.

E’ questo che intendo quando dico che, ogni tanto,

c’è bisogno di trovare il tempo per assaporare,

per stare con se stessi, per vivere lentamente,

per scoprire le nostre mille sfaccettature,

per rivivere e fermare la bellezza che i nostri occhi

hanno ammirato in giro per il mondo.

🍂 

Sono stati giorni produttivi quelli passati.

Giorni di grande lavoro ma anche di grandi soddisfazioni.

Giorni d’autunno,

in cui ci si spoglia del vecchio per lasciare spazio al nuovo.

Giorni caldi di quel calore che arriva dal cuore e, probabilmente,

anche da qualche Prosecco di troppo ma si sa,

di bollicine non ce n’è mai abbastanza.

🍂

Ho deciso di regalarmi la lentezza.

Fatta di colori autunnali, foglie crepitanti 

e distese di vigne a perdita d’occhio.

Ho scelto di esplorare luoghi e sapori.

Ma soprattutto, per una volta, ho scelto me.

🍂

Abituiamoci a sceglierci.

Impariamo ad assecondarci.

Cerchiamo di amarci.

Dopo vecchie osterie,

cantine sotterranee e ville palladiane,

davanti ad un camino acceso, brindo a me!

 

 

A pranzo alla Trattoria Alla Cima non potete mancare:

locale ricavato da un vecchio cascinale in una tenuta di frutteti e vigneti.

Si degustano la semplicità e la classicità del territorio, 

rivisitate in chiave moderna.

Vista spettacolare su vigne e campi che da sola vale la visita.

Visitate Villa Sandi

e le sue cantine.

Una villa palladiana meravigliosamente ristrutturata

con un percorso sotterraneo fatto di cunicoli risalenti alla prima guerra mondiale,

ora adibiti a cantine, piene di bottiglie e di nettare degli dei.

Prenotate la visita guidata con anticipo perchè è richiestissima.

Abbiamo alloggiato alla Locanda Sandi

all’interno della Tenuta Villa Sandi di Valdobbiadene,

nell’area DOCG del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene,

che è un luogo magico.

Un misto tra una baita e una casa delle bambole.

Sedie a dondolo, candele e caminetto acceso.

Abbiamo cenato lì due sere e degustato uno dei Sauvignon

più buoni: il Tardo!

Risultato: macchina piena di casse ed il tintinnare delle bottiglie

che ci ha accompagnato fino a casa.

Andateci e vi conquisterà!

 

Un capitolo a parte lo merita l’

Osteria Senza Oste

🍷 

Con equilibrio preleva e consulta liberamente i prodotti esposti

e con rispetto riconoscine il valore.

🍷 

Nel cuore di Valdobbiadene, tra distese di vigne,

stradine che si inerpicano sulla collina e distributori automatici lungo la via,

solitaria e maestosa,

si erge l’Osteria senza Oste.

Tavolate di legno rivolte al sole, vigne tutto intorno,

un casino all’interno e la meraviglia nel cuore.

🍷

Formaggi, salumi, uova sode, carne e castagne.

Mangi e bevi quanto vuoi e paghi in coscienza.

🍷

Penso alla bellezza di ancora riesce a credere.

Di chi ama così tanto un luogo da renderlo accogliente

come fosse casa ma allo stesso tempo lo lascia nelle mani di estranei

che potrebbero rovinarlo ma che, finora, l’hanno trattato come fosse cosa loro.

Ecco dove sta la meraviglia: nel fidarsi ancorai nonostante tutto.

Che in un bicchiere di vino ci sta più saggezza

che in un libro di filosofia.

🍷

Se siete in zona passateci, ne vale la pena!

Se siete in zona e siete fortunati potete parcheggiare tra i vigneti 🍇 

e da Valdobbiadene

a Un’Ottima Annata è un attimo eh!

 

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Lo Schiaccianoci

      Lo Schiaccianoci, la statuina a forma di soldatino. Uno degli elementi decorativi più popolari della tradizione natalizia. In Germania questo personaggio è una sorta di portafortuna, capace…

 

 

 

Lo Schiaccianoci,

la statuina a forma di soldatino.

Uno degli elementi decorativi più popolari della tradizione natalizia.

In Germania questo personaggio è una sorta di portafortuna,

capace di spaventare e allontanare gli spiriti malevoli.

Simbolo di forza e potere,

esposto in casa assume il ruolo di guardiano e protettore.

Un tempo tutti gli Schiaccianoci decorativi erano anche funzionali,

venivano utilizzati per rompere il guscio delle noci.

Oggi sono principalmente decorativi.

Si dice siano nato intorno al 1600 in Germania.

Una leggenda attribuisce la creazione del primo Schiaccianoci

ad un artigiano tedesco del Seiffen.

Intorno al 1900 si diffuse anche i altri paesi europei,

tanto da dare il via alla produzione industriale.

Friedrich Wilhelm Füchtner è conosciuto in Germania come

“il padre dello schiaccianoci”,

ovvero il primo ad inaugurarne la produzione in scala di massa utilizzando un tornio.

La diffusione dello schiaccianoci oltre i confini europei

avvenne subito dopo la seconda guerra mondiale.

Quando i soldati americani ritornarono a casa negli USA, infatti,

portarono con sé queste statuine di legno come souvenir.

Il personaggio divenne ancora più conosciuto grazie al balletto

con le musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij,

ispirato dal racconto Schiaccianoci

e il re dei topi di E. T. A. Hoffmann ( 1815 )

nella versione di Alexandre Dumas padre, 

Storia di uno schiaccianoci ( 1845 ).

 

 

La favola di Alexandre Dumas ( padre )

 

Il libro è suddiviso in 14 brevi capitoli

e la storia inizia proprio la sera della vigilia di Natale,

con i due piccoli personaggi, Maria e Fritz,

che aspettano con ansia i regali di Natale,

mentre si intrattengono con il loro padrino,

il dottor Drosselmeier.

Tra i vari doni c’è anche uno Schiaccianoci e il padrino lo affida a Maria,

che se ne dovrà prendere cura.

Da questo momento in poi, la storia si tinge di magia:

nel bel mezzo della notte,

il re dei topi appare improvvisamente alla guida di un esercito di roditori;

lo Schiaccianoci prende vita e li affronta in battaglia.

Durante la lotta, Maria si fa male ad un gomito,

e così è costretta a rimanere a letto per qualche giorno.

Approfittando di questa occasione,

il Padrino Drosselmeier le racconta la fiaba della principessa Pirlipat

e di Frau Mauserinks.

Dopo aver ascoltato la fiaba,

Maria capisce che il padrino è l’orologiaio Drosselmeier

e lo Schiaccianoci è il nipote trasformato.

Dopo aver ucciso il Re dei topi,

Maria segue il soldatino nel Regno delle bambole,

un paese fatto di dolci e giocattoli.

Qui visita Castel Confetto e Castel Marzapane,

dove lo Schiaccianoci le chiederà di sposarlo.

Come abbiamo visto,

anche nella favola di Dumas lo Schiaccianoci

è simbolo di coraggio,

forza e protezione.

 

 

 

 

 

Testo raccolto nel web.

 

 

 

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Bohem in Franciacorta – fermata obbligata!

    Da Bohem sul lago d’Iseo, è colpo di fulmine. Ci siamo arrivati grazie ad una soffiata di quelle giuste e ci abbiamo lasciato il cuore.     Ci sono…

 

 

Da Bohem

sul lago d’Iseo, è colpo di fulmine.

Ci siamo arrivati grazie ad una soffiata di quelle giuste

e ci abbiamo lasciato il cuore.

 

 

Ci sono delle strane sere in cui i fiori hanno un’anima.

E poi c’è un posto nel mondo che racchiude fiori,

colori,

bellezza,

serenità, 

magia.

 

 

A Paratico,

in un ex stazione ferroviaria,

Alberto e Ulrika hanno creato il loro piccolo paradiso.

Un po’ bistrot,

un po’ confetteria,

molti fiori ma soprattutto l’incanto.

Raccontarlo è difficile,

bisogna viverlo.

Per chi è di passaggio in Franciacorta è tappa obbligata.

Io ci ho lasciato un pezzettino di cuore.

 

 

 

 

Se volete vedere tutta la meraviglia,

 

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Ded Moros – Il Babbo del Gelo che arriva dalla Russia

    C’era una volta Ded Moros, arrivato a me grazie ad una persona speciale che porta con sè amicizia, affetto, racconti e tradizioni.   🎅🏻 Avvolto nel suo giaccone…

 

 

C’era una volta Ded Moros,

arrivato a me grazie ad una persona speciale

che porta con sè amicizia,

affetto,

racconti e tradizioni.

 

🎅🏻 Avvolto nel suo giaccone tradizionale russo,

Ded Moros – Babbo del Gelo –

è un vecchio barbuto e saggio.

💂🏻‍♀️ Maestoso ed austero,

decisamente meno friendly del collega occidentale Babbo Natale.

Lunga e folta barba bianca,

guanciotte rosse a causa del freddo polare

e capelli coperti dal berretto russo tradizionale

( che gli invidio tantissimo! ).Sotto la pelliccia nasconde pantaloni e camicia bianchi,

indossa guanti ben rifiniti e calza i valenki,

gli stivali di feltro russi,

nella mano destra il suo elegante scettro.

 

🛷 Viaggia a bordo di una slitta trainata da tre cavalli,

la tradizionale trojka

recapita i doni ai bambini personalmente,

bussando alla porta delle loro case nella notte di Capodanno.

Giunge dalla nordica città di Archangelsk,

perla del Mar Bianco,

sebbene possieda anche una dacia nella regione confinante di Vologda,

a Velikij Ustjug.

 

❄️ La nascita di Babbo Gelo ha radici mitologiche molto diverse.

Alcune leggende raccontano come egli non sia altro la reincarnazione del dio pagano Morok,

sovrano dell’inverno e della neve,

considerato il dio delle illusioni,

delle bugie e del buio. Morok,

con la sua lunga barba grigia,

se ne andava per i boschi trasformando

in ghiaccio tutto quello che lo circondava,

spaventando adulti e bambini che,

per evitare di cadere nelle sue grinfie,

decisero di invitarlo nelle loro case a degustare gelatine di bacche,

biscotti e dolci.
A poco a poco,

e grazie all’influenza delle tradizioni ortodosse,

Ded Moros diventò una figura buona,

pur continuando ad impersonare l’arrivo del freddo,

dell’inverno, della neve e delle lunghe notti buie.

 

🇷🇺 Nella tradizione letteraria russa ottocentesca

sono tante le varianti natalizie che formano i

l personaggio attuale di Babbo Gelo.

Compare nelle fiabe di Afanas’ev e nella raccolta di Odoevskij,

dalla cui piuma nascerà “Moroz Ivanovich”,

in seguito trasformatosi nel noto personaggio legato

alle feste natalizie che porta i doni ai bambini,

influenzato dagli occidentali San Nicola e Babbo Natale.

La censura comunista si impone

e gli rende la vita difficile fino alla fine degli anni ’30,

quando l’albero di Natale e con esso la figura di Babbo Gelo

vengono reintrodotti nella cultura sovietica.

Ma è verso la fine degli anni ’80

e l’inizio degli anni ’90 che Babbo Gelo diventa protagonista.

Ad Archangelsk viene costruita la sua dimora principale,

dove arriva la posta dei bambini,

e dove il 18 novembre si festeggia il suo compleanno,

data che gli calza a pennello in quanto

in quei giorni si manifestano di solito i primi geli.

 

👬 Oggi collabora con i suoi colleghi.

Il più noto è Pakkajne,

il Nonno Gelo della Carelia,

ma io voglio immaginare

che anche con il nostro Santa Claus ci sia del feeling.

Appuntamento tra Babbi che parcheggiano le slitte fuori da una baita

e davanti ad un camino acceso

pianificano la distribuzione dei doni in giro per il mondo 🎁

Storia, aneddoti, racconti raccolti nel web

 

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